Borgotaro e la sua terra

Borgo Val di Taro si adagia ordinata in un’ampia e dolce conca alla sinistra del corso del fiume Taro, punto nevralgico delle due direttrici che portano a Chiavari dal Passo del Bocco e a Sestri Levante dal Passo di Cento Croci.

Nel passato la zona vedeva il passaggio di pellegrini, mercanti e viaggiatori che utilizzavano il percorso per recarsi in Lunigiana provenienti dal Piacentino in quel ramo secondario della Via Francigena, diretti al Passo del Brattello per scendere, poi, verso Pontremoli.
Nel Medioevo, in epoca bizantina si chiamava Turris, poi Turrexana, quindi, dal XIII secolo prenderà l’attuale denominazione.
Nel 1226 venne posata la prima pietra della Chiesa di Sant’Antonino, attorno alla quale sorgerà l’attuale agglomerato, che ancor oggi conserva la struttura viaria non alterata dalle trasformazioni urbane degli ultimi decenni.
Posta in posizione strategica per il controllo delle vie di transito, al suo possesso si susseguirono l’Impero, il Monastero di Bobbio, il Comune di Piacenza, i Landi, il Papato, i Malaspina, i Visconti, i Fieschi, gli Sforza, i Doria e i Farnese, che ne fecero un capoluogo del Ducato di Parma, di cui seguì le vicende fino all’annessione al regno d’Italia.
Nel 1894 veniva collegata alla pianura e al mare dalla linea ferroviaria Parma-La Spezia, che contribuì notevolmente allo sviluppo industriale e commerciale del capoluogo.
Durante l’ultimo conflitto mondiale Borgotaro subì oltre quaranta incursioni aeree e sul suo territorio fiorirono numerosi episodi legati alla Resistenza, tanto che il gonfalone del Comune verrà decorato con la Medaglia d’oro al Valor Militare nel 1985.

La Val Taro, già dalla fine dell’Ottocento è stata interessata da un intenso fenomeno migratorio che portò migliaia di Valtaresi in giro per il mondo alla ricerca di un lavoro e di una esistenza dignitosi, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti.
L’importante comunità di emigrati – che mantiene stretti rapporti con la madrepatria – si è particolarmente distinta all’estero in attività di ristorazione, turistiche e nel commercio di prodotti alimentari, coinvolgendo spesso anche realtà produttive locali.

Gli edifici di interesse storico e artistico del Borgo sono tutti concentrati all’interno del vecchio circuito delle mura medievali: la prospettiva di Via Nazionale, con i suoi palazzi nobiliari del XVII-XVIII secolo, ricchi di affreschi e di stucchi, come Palazzo Boveri; la gotica chiesa di San Domenico, il Palazzo Manara, Palazzo Bertucci, l’arco di porta Farnese e il monumento ad Elisabetta Farnese del 1721, opera di Giuliano Mozzani (+ 1734). Unico in Europa, è stato voluto dagli abitanti per ricordare il passaggio e la sosta nel Borgo della futura Regina di Spagna nel suo viaggio alla volta del paese iberico.
Da ammirare anche l’ex ospedale di Santa Maria e Lazzaro, massiccia costruzione cinque-seicentesca con lesene e cornicioni in pietra, oggi denominato Palazzo Tardiani e sede dell’Unione dei Comuni, e il Palazzo pretorio, sede del Comune, con loggiato costruito sui ruderi di un edificio di epoca medievale, che domina con la sua mole la piazza centrale.
Vicina all’ex ospedale si trova la chiesa di Sant’Antonino, fondata nel 1226 e ampliata nel 1636, con facciata del 1925 e altare monumentale in legno dorato. A pochi passi si trova il Museo delle Mura che ospita la sede principale del Museo del Fungo porcino. Passando il ponte che unisce il centro storico con la stazione della linea ferroviaria, si trova la cinquecentesca chiesa di San Rocco con facciata barocca. Da vedere anche la Pieve di San Giorgio.

Dal maiale al porcino, passando per il Parmigiano, ecco i ricchi sapori della cucina valtarese, che sa abbinare con maestria selvaggina e trote al fungo.
Il Porcino di Borgotaro, insignito nel 1996 del marchio di indicazione geografica protetta, regna incontrastato sulle tavole dei ristoranti, nelle sagre e nei negozi dei borghi della Val Taro, solcata dalla “Strada del Fungo”, una delle tre strade dei vini e de sapori della provincia di Parma.

Liberamente tratto e adattato da “Dove?”, novembre 2002, pp. 42-45.

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