L’ampia fascia boschiva che dai seicento metri raggiunge gli alti crinali dell’Appennino e si stende compatta sulla sponda destra del fiume Taro, tra i torrenti Cogena e Gotra appartiene quasi interamente e pro indiviso alle Comunalie di Baselica, Pontolo, Valdena, San Vincenzo-Rovinaglia (in Comune di Borgotaro) e di Gotra, Buzzò. Albareto, Boschetto, Tombeto, Groppo e Montegroppo (in Comune di Albareto) ed è goduta, da tempo immemorabile, dagli abitanti di quelle località.
Questi territori, pur appartenendo alla Provincia di Parma, sono collocati alla confluenza di tre Regioni: Emilia-Romagna, Liguria e Toscana.
La zona era abitata, già in epoca preromana dal popolo dei Liguri, di probabile origine celtica, tarchiati e muscolosi, organizzati in diverse tribù che vivevano di agricoltura e pastorizia. Molto abili in battaglia, riuscirono a tenere testa ai Romani per decenni. In combattimento prediligevano l’agguato: attaccavano di sorpresa per poi scomparire tra le folte boscaglie dei monti. Pur essendo armati solo di archi e fionde, proprio per la modalità di attacco e la natura del territorio, riuscirono ad impegnare a fondo e per lungo tempo l’esercito romano fino al 157 a.C.
L’utilizzo in comune del territorio va fatta risalire alle usanze di questo popolo, seminomade, che fruiva dei beni del territorio in comune in base alla tribù di appartenenza.
Pur non avendo lasciato testimonianze scritte – dei Liguri rimangono solo numerosi toponimi e termini dialettali nella lingua parlata – rimane un documento significativo di epoca romana. Si tratta di una tavola in bronzo con iscrizione romana, ritrovata in Val Polcevera e risalente al 117 a.C. quando i Liguri erano stati da poco assoggettati ai Romani. Conosciuta come “Sententia Minuciorum” riporta le delibere dei giudici romani in merito ad una questione sorta fra due tribù liguri. Risulta di particolare interesse perché testimonia l’utilizzo in comune da parte delle tribù liguri di un vasto territorio nel quale tutti erano autorizzati, senza impedimenti di sorta, a pascolare il bestiame, prelevare legna da ardere e da lavoro. Gli stessi diritti di cui godono oggi gli utenti delle Comunalie di Valditaro.
Le invasioni che seguirono la caduta dell’Impero Romano, videro tra i protagonisti il popolo dei Longobardi. In pochi anni conquistarono quasi tutta l’Italia settentrionale. La loro dominazione influì più di ogni altra sull’evoluzione della società medievale. I più antichi documenti Longobardi in Italia provengono da Varsi e testimoniano la loro presenza capillare nell’Appennino. Il principio della collettività fondiaria si consolidò ulteriormente con il diritto longobardo, trovando corrispondenza favorevole nelle consuetudini e tradizioni dei popoli germanici.
A questo periodo risale un documento relativo alla risoluzione di una lite tra i Gastaldi di Parma e Piacenza per questioni di confine.
La sentenza emessa dal Re longobardo Pentarido stabiliva che la linea di confine fra i due contendenti fosse segnata dall’allineamento che partendo da Specchio (Solignano) giunge a Pietramogolana (Berceto) per seguire il corso del fiume Taro, fino alla confluenza del Gotra, per proseguire fino al Monte Gottero. Tale confine tracciato 1300 anni fa sopravvive nel limite delle Diocesi di Parma e Piacenza e ancor oggi tutte le parrocchie poste sulla sponda sinistra del taro e del Gotra, pur appartenendo alla provincia di Parma fanno capo alla Diocesi di Piacenza.
Con l’arrivo dei Franchi e la sconfitta dei longobardi, in tutta la pianura padana scomparvero le proprietà collettive. L’affermarsi del Feudalesimo e delle Signorie portò profonde modifiche anche nei territori di montagna, ma la Valtaro, povera di risorse, scoraggiò la cupidigia dei potenti e impedì che il regime delle proprietà collettive sparisse del tutto o che fosse assorbita da altri sistemi economici.
Federico II interrompe l’uso pacifico delle proprietà comuni: nel 1226 autorizza i Pontremolesi a godere delle selve poste ben aldilà della tradizionale linea di confine situata lungo il crinale. Ne nacquero numerose discordie acuite anche dalla diversa legislazione dei due stati confinanti.
Mentre in pianura si formavano le grandi proprietà fondiarie, in montagna sopravviveva la gestione comune di boschi e nonostante Galeazzo Visconti, duca di Milano e signore sia della Val Taro che di Pontremoli, nel 1351 consentisse ai Pontremolesi di godere dei boschi oltre crinale, nel 1539 il principe Luigi Fieschi, subentrato nel governo della Valle, confermò di volersi attenere alle consuetudini secolari in vigore per la gestione dei boschi.
Quando, dopo il Concilio di Trento, cominciarono a costituirsi le prime parrocchie, i beni comuni posti all’interno dei confini parrocchiali venivano svincolati dalla grande proprietà comune, in modo che gli abitanti di ogni parrocchia riconoscevano e godevano i propri e gli abitanti dell’una non avevano più diritti nei beni dell’altra. Questo portò a nuove controversie relative ai confini tra Pontremolesi, Zeraschi e Borghigiani che trovò soluzione grazie ad un arbitrato affidato nel 1689 alla Serenissima Repubblica di Venezia, che emise una sentenza a favore dei Borghigiani. Ancora una volta i diritti degli uomini di Pontolo, Valdena, Buzzò e Albareto venivano difesi, garantendo la non divisione del godimento dei boschi con le popolazioni d’oltre crinale.
Napoleone Bonaparte nel 1805, per ragioni strategiche, separò Borgotaro, Compiano e Bardi da Parma, assegnandoli al Dipartimento degli Appennini: fino alla sua caduta i Borgotaresi divennero cittadini francesi e vennero posti in atto seri tentavi per porre fine all’esistenza delle proprietà comuni.
Con la nascita del Regno d’Italia venne approvata una legge che rendeva impossibile regolamentare in modo omogeneo e definitivo le varie Comunalie. Ne sortirono regolamenti diversi che in genere, prevedevano che ogni utente avesse diritto alla legna da ardere, al legname da lavoro per i fondi e la casa, e al pascolo. Quasi tutti prevedevano pure la possibilità di affittare i tagli periodici di legname, la raccolta delle castagne, alcun coltivi, prato e pascoli per poi dividere il ricavato tra gli utenti, che erano obbligati anche al pagamento delle imposte.
Nel 1957 si costituiva il Consorzio delle Comunalie Parmensi, che oggi ha sede in Borgotaro, al quale aderiscono sedici differenti Comunalie. Nel 1964 il Consorzio istituiva una riserva per la raccolta sostenibile dei funghi e si faceva promotore di iniziative per la valorizzazione del Fungo Porcino. Nel 1989 presentava domanda di riconoscimento europeo per il Fungo Porcino di Borgotaro, che nel 1996 otteneva la denominazione di Indicazione Geografica Protetta (IGP).
Ancora oggi il Consorzio delle Comunalie garantisce la gestione sostenibile degli ampi boschi comuni della valle e la raccolta dei frutti del sottobosco.