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Questo servizio è stato realizzato grazie al sostegno di Conad Borgo Val di Taro

Il Fungo Porcino di Borgotaro è l’unico fungo a Indicazione Geografica Protetta in Europa. A lui, alla sua storia e cultura, al suo habitat e alle sue tradizioni, è dedicato il Museo.

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Il percorso inizia con la raffigurazione simbolica, opera di Emanuela Dall’Aglio, dell’homo radix, amante e rispettoso del bosco e dell’ambiente, che sa ascoltare e col quale vive in sintonia.

Il percorso espositivo museale è suddiviso in otto sezioni che raccontano la storia del fungo, l’arte, la gastronomia, il bosco, gli habitat e areali, la raccolta, la lavorazione e le terre del porcino.

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Il Museo del Fungo Porcino di Borgotaro con due sedi espositive: una a Borgo Val di Taro e una ad Albareto fa parte del circuito dei Musei del Cibo della provincia di Parma, dedicato alla valorizzazione dei prodotti gastronomici d’eccellenza della “Valle italiana del Cibo”.

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Un breve video sulla destra presenta tutte le sedi del circuito.

Il fungo Porcino in queste terre vanta una storia secolare. Citato per la prima volta nel 1606 in una lettera di Flaminio Platoni al Duca Ranuccio I Farnese, il Porcino compare anche in alcune ricette del trattato Li quattro banchetti di Carlo Nascia, cuoco del Duca. Sarà nominato anche per tutto il Settecento e l’Ottocento. In questo secolo viene regolamentato il Mercato dei funghi del Paese. Nel 1996 gli viene riconosciuta l’Indicazione Geografica Protetta, diventando così l’unico fungo IGP in Europa.

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Nella cronologia di sinistra possiamo notare alcune tappe fondamentali nella storia di questo prodotto.

I FUNGHI NELLA STORIA

Fin dalla preistoria i funghi entrano nell’alimentazione umana e nella farmacopea, soprattutto presso le civiltà mediterranee ed orientali. Ritenuti misteriosi e pericolosi per secoli, solo a partire dal Settecento inizia il loro studio scientifico che porterà a riconoscere ai funghi uno status specifico – né vegetali né animali – e il loro ruolo fondamentale nell’equilibrio del bosco.

Uno degli utilizzi del fungo nelle epoche più antiche era quello di esca da fuoco. Una testimonianza significativa si trova nel corredo di Ötzi, l’uomo del Neolitico (vissuto fra il 3.350 e il 3.100 avanti Cristo), la cui mummia è stata ritrovata ai piedi del ghiacciaio del Similaun nelle Alpi Venoste nel 1991. Nel suo equipaggiamento, oltre alle armi da caccia e ad alcuni attrezzi, erano presenti anche un grattatoio di pietra e due diversi frammenti di fungo, utilizzati appunto come esca per accendere il fuoco. Nell’oblò si può osservare un esemplare di fungo identico a quello di Ötzi, lo stesso rinvenuto anche nel 1877 negli scavi della Terramara di Castione Baratti, in provincia di Parma, oggi conservato al museo Archeologico Nazionale di Parma.

Sulla sinistra si possono notare le foto con i principali passaggi per l’accensione di un fuoco attraverso l’utilizzo di funghi.

Nel Medioevo, il fungo però più che per il suo valore in cucina, divenne importante nella cosmesi, nell’alchimia, e soprattutto nella preparazione di composti curativi o mortali. Era guardato con diffidenza dai potenti, poiché quelli velenosi erano facilmente somministrabili a “tradimento”. Numerose furono le vittime di avvelenamento. Ricordiamo Papa Clemente VII (vissuto tra 1478 e 1534) e l’imperatore Carlo VI d’Asburgo (vissuto dal 1685 al 1740).

Si deve arrivare al XVII secolo per vedere il primo trattato divulgativo di micologia scritto da Charles de L’Escluse “Carolus Clusius” (1526 – 1609). Sempre dalla Francia arriva nel 1651 la vera consacrazione del fungo in ambito gastronomico nel Cuisinier françois di François Pierre  La Varenne.

Babbo Natale e i funghi

Lo sapevate che la storia di babbo Natale potrebbe avere come protagonista proprio un fungo? L’Amanita muscaria, il fungo dal cappello rosso con i pallini bianchi, sembrerebbe responsabile del mito delle renne volanti, della tradizione di adornare di palline rosse l’abete natalizio e delle gote rubizze che accompagnano da sempre l’immagine di Babbo Natale. Il fungo, ritenuto da tempo sacro dalle tribù indigene del Nord Europa, è un potente allucinogeno utilizzato nei rituali fin dalle epoche remote dagli sciamani. Con l’avvento del cristianesimo la loro figura si sarebbe poi sovrapposta a quella di San Nicola-Santa Claus.

Guido Soncini era un appassionato micologo. Amava andare a funghi, amava studiare i funghi e, in perfetta sintonia con la sua attività, amava collezionare documenti e immagini legati ai funghi. Dal momento in cui aveva preso le redini del negozio di antiche stampe “Oliva” a Parma, la sua passione per il collezionismo si era alimentata in maniera costante. Informato della nascita del Museo del Fungo Porcino di Borgotaro, fin da subito aveva sposato l’idea di donare la sua cospicua raccolta al museo, e la sua volontà, dopo la sua scomparsa, è stata rispettata e sostenuta anche dai famigliari. Sono oltre mille i soggetti che compongono la collezione, perlopiù stampe, che esplorano l’universo fungino in tutti suoi aspetti.

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Grande appassionato di funghi, Guido Soncini, è stato proprietario della bottega OLIVA che si trova in centro a Parma sulla strada in direzione del Duomo e del Battistero. All’inizio l’attività prevedeva la vendita di articoli religiosi, per poi passare a stampe e libri antichi. Guido che a prima vista dava l’impressione di essere una persona burbera ed “accigliata”, ha dedicato tutta la vita al suo lavoro, riuscendo a conciliarlo con la micologia. Gli piaceva conoscere e studiare i funghi (oltre che mangiarli) e negli anni collezionò moltissime stampe e francobolli con questo tema, ora qui esposti.

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Nell’arte la rappresentazione del fungo ha spesso valenza simbolica e i significati che gli sono attribuiti sono numerosi: dall’unione uomo donna, al maligno e al potere demoniaco. Ma anche la capacità magica, in grado di creare connessioni con il divino e l’umano. Dal Settecento, con l’evoluzione degli studi scientifici, il fungo perde ogni valore simbolico per acquistare nelle raffigurazioni artistiche soprattutto un carattere decorativo, come nel periodo Liberty, che alle forme dei funghi attinse per lampade, piastrelle e ferri battuti. Il suo ruolo decorativo permane ancor oggi nella fotografia e nel cinema.

Nei pannelli sono state raccolte alcune importanti opere ordinate cronologicamente, tutte legate dalla presenza di funghi. Riesci a individuarli in ciascuna opera?

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Aprendo i cassetti è possibile visionare una selezione delle opere più rappresentative della collezione Soncini.

La mico-filatelia, ovvero quella sezione della filatelia dedicata ai funghi, è assai diffusa e conta numerosi estimatori. Le prime apparizioni di francobolli a soggetto micologico risalgono alla fine degli anni Cinquanta del Novecento in serie emesse da Romania e Cecoslovacchia. Sono oltre 176 le nazioni che hanno emesso francobolli dedicati ai funghi e sono state raffigurate ben 946 specie micologiche diverse. Tutti gli esemplari esposti nei pannelli provengono dalla Collezione Soncini.

Dopo le cassettiere una vetrina espone una serie di pregevoli oggetti del XIX e XX secolo, perlopiù in ceramica, a forma di fungo o raffiguranti funghi. Il soggetto, infatti, è stato particolarmente impiegato nelle arti decorative.

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Proseguendo si può raggiungere la sezione dedicata alla gastronomia.

La cucina italiana è una delle poche a prevedere la consumazione del fungo “da solo”. La maggior parte dei funghi si mangiano dopo la cottura; solo pochissimi possono essere gustati crudi: tra questi gli Ovoli e i Porcini. I Porcini si prestano anche ad essere essiccati e, una piccola quantità di ingrediente secco trasforma qualsiasi piatto. Il valore energetico dei funghi presenta poche calorie mentre sono ottimi integratori di vitamine e sali minerali. Contengono pochi glucidi, grassi, sale e sono sprovvisti di colesterolo. Il pregio maggiore dei funghi è quindi il loro valore gastronomico: il loro inconfondibile profumo è in grado di nobilitare qualsiasi tipo di preparazione culinaria.

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Il fungo si presta bene a numerosissime preparazioni culinarie. Il metodo più diffuso e la ricetta base per qualsiasi tipo di fungo è la trifolatura, ma sono spesso serviti in insalata, fritti, alla griglia, in sughi, con piatti di carne e di pesce, insieme ad altri condimenti.

I funghi che generalmente si trovano sul mercato e che hanno uso consolidato in cucina sono prevalentemente gli Champignon, il Pioppino, il Porcino e il Prataiolo.

Il pannello ne mostra caratteristiche e proprietà.

Oltre a questi, nelle nostre cucine esistono altri funghi. Alcuni estremamente dannosi, come il Penicillium italicum, agente del marciume di arance e mandarini o il Penicillium digitatum, la muffa grigia dei limoni; altri invece, sono utili alla trasformazione delle materie prime per dar forma a cibi succulenti, come le muffe che interessano i formaggi. Altri ancora, invisibili a occhio nudo, sono funghi indispensabili per la gastronomia stessa, come il Saccharomyces cerevisiae, quello contenuto all’interno del lievito di birra indispensabile per la lievitazione degli impasti o l’Aspergillus oryzae usato per la fermentazione alcolica della salsa di soia.

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I pannelli mostrano diverse preparazioni gastronomiche tipiche della Val Taro con il Porcino come protagonista: da sinistra antipasti, primi e secondi piatti. Il fungo Porcino si presta per la realizzazione di numerose ricette, sempre caratterizzate da un sapore ed un profumo unico. Può anche essere servito crudo, tagliato a listarelle e condito con un po’ di olio e sale.

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Il video presenta la preparazione di due ricette tipiche a base di Porcini con lo Chef Alessandro Delnevo di Borgotaro: le tagliatelle ai Porcini e i Porcini fritti.

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Torniamo sui nostri passi e proseguiamo la visita voltando a destra.

Il mondo dei funghi è immenso ed è caratterizzato da numeri importanti e da parole specifiche. I funghi riescono a raggiungere numeri davvero inattesi, partendo da 3 (la quota giornaliera in kg consentita che una persona può raccogliere), fino a 1500 bilioni di spore che può produrre un esemplare di Lycoperdon bovista.

Tante sono anche le parole che si riferiscono ai funghi, dalla A alla X. Potete scorrerle e scoprire i loro significati, in modo da poter conoscere nuove parole e termini specifici.

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Con una biodiversità stimata intorno ai 5 milioni di specie, i funghi sono tra i più diversificati organismi presenti sulla Terra. Se visivamente offrono una festa di colori, forme e dimensioni, la cosa più strabiliante è la straordinaria varietà di adattamenti che li ha portati a colonizzare ambienti al di là di ogni immaginazione: terrestri e acquatici, aerobici e anaerobici e persino marini.

Solitamente la struttura dei funghi mangerecci si configura nella caratteristica forma provvista di cappello e gambo. Il cappello può avere numerose forme e ha la funzione di proteggere superiormente l’imenio, la parte fertile dove maturano le spore. Il gambo può essere circondato da un anello nella parte superiore o può essere avvolto, in basso, da una specie di sacca, la volva. Le parti più importanti del fungo sono quindi cappello, imenio e gambo. L’immagine centrale del pannello mostra un fungo che riunisce in sé tutte le differenti tipologie di attributi di un fungo mangereccio.

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Volgiamoci ora alle nostre spalle.

Habitat privilegiato del fungo, il bosco è uno dei soggetti più amati e utilizzati nell’arte. L’immagine del bosco, come oggi la intendiamo, è una “invenzione” del Rinascimento e ha subito numerosi cambiamenti nel corso del tempo: da luogo cupo e misterioso diviene nei secoli spazio tranquillo e rassicurante. Numerosi sono i pittori rinascimentali, ispirati da Leonardo, che guardano la natura in modo diretto e non solo attraverso simboli. Nascerà, nei secoli successivi, grazie alla lezione di Botticelli e di Giorgione una vera scuola di paesaggio, che, nell’epoca romantica, vedrà nel bosco il soggetto privilegiato della propria visione del mondo. Con l’avvento dell’antropocene, il bosco praticamente “scompare” nelle raffigurazioni di arte moderna.

Il pannello ci propone numerosi dipinti raffiguranti il bosco appartenenti a secoli differenti, dal Quattrocento al Novecento.

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Entriamo ora nel bosco incantato dei funghi, dove ogni radura ci propone un differente tema.

I funghi sono una forma di vita che non rientra né tra le specie vegetali né tra quelle animali ma hanno caratteristiche di entrambe le forme viventi. Si tratta di organismi mono o pluricellulari di differenti dimensioni: grandi come i macromiceti mangerecci, piccoli come le muffe, e microscopici come i lieviti. Il regno dei funghi comprende oltre 120.000 specie conosciute, ma si stima che sulla terra ne esistano almeno cinque milioni. Quello che noi mangiamo è solo la parte che fuoriesce dal terreno, ovvero il corpo fruttifero del fungo, mentre il corpo vegetativo vero e proprio risiede sottoterra e può estendersi per centinaia di metri.

Nella teca a fianco è possibile notare la stratigrafia del terreno di un bosco e come il fungo si propaga, legando le proprie radici (le ife) a quelle degli alberi, in una rete assai estesa.

Come gli animali, i funghi sono organismi eterotrofi, ovvero che necessitano di introdurre sostanze indispensabili per la sopravvivenza all’interno del loro organismo dall’ambiente esterno. La loro riproduzione avviene tramite la diffusione di spore e non presentano tessuti differenziati ed elementi in grado di produrre linfa.

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Ci voltiamo verso l’altro lato della radura.

Il fungo si differenzia dagli altri organismi vegetali per la mancanza di clorofilla, pigmento che permette la fotosintesi, cioè la trasformazione di sostanze inorganiche quali acqua e anidride carbonica in sostanze organiche complesse, utili al suo sostentamento. Il fungo quindi, per nutrirsi e vivere, usa tre differenti strategie: il parassitismo, il saprofitismo e la simbiosi.

I funghi parassiti si nutrono a spese di organismi viventi, soprattutto alberi indeboliti, portandoli alla morte.

I funghi saprofiti vivono invece grazie alla digestione di tessuti di organismi morti. Secondo gli scienziati, si tratta della condizione primaria comune a tutti i funghi, che sono gli unici organismi in grado di trasformare la cellulosa degli alberi.

I funghi simbionti si legano ad altri organismi, collaborando per il sostentamento reciproco: se da un lato il fungo riceve carboidrati dall’albero, dall’altra gli donerà lui stesso acqua e sali minerali grazie alle sue ife estremamente diramate nel terreno.

Sulla sinistra la grande tavola grafica originale del 1897 rappresenta il ciclo di vita del fungo.

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I boleti che rientrano nel disciplinare IGP del Fungo Porcino di Borgotaro sono 4: il Boletus edulis, Boletus reticulatus, Boletus pinophilus (o pinicola) e Boletus aereus.

Partendo dalla sinistra si possono vedere le 4 “carte d’identità” dei funghi con i loro nomi volgari, i luoghi e le stagioni in cui si possono trovare.

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Se parliamo dell’organismo che vegeta sottoterra, si presume possa raggiungere anche centinaia se non migliaia di anni. Ma se parliamo del corpo fruttifero – quello che noi raccogliamo e mangiamo – la sua “esistenza” può variare, in base alla specie e alle condizioni atmosferiche, approssimativamente da 1 a 15 giorni. Il filmato, nell’oblò, ci mostra in 80 secondi l’intero ciclo di vita di un carpoforo di Porcino, facendoci cogliere momenti inattesi nella vita di un fungo.

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Proseguiamo il cammino verso la successiva radura.

Quali sono gli ambienti naturali le cui caratteristiche possono permettere al Porcino di vivere, svilupparsi e riprodursi? A seconda del terreno e dell’ambiente in cui proliferano avremo tipologie diverse di Porcino. Le varietà incluse nel disciplinare del Fungo di Borgotaro IGP vivono perlopiù in prossimità di querce, castagni, faggi e abeti.

I pannelli ci mostrano l’immagine di ogni bosco, della pianta, delle foglie, della corteccia e del legno, mentre il cilindro rende visibile il sottosuolo di ogni diverso habitat.

IL QUERCETO

Le tre principali specie che caratterizzano i querceti sono la Roverella, il Rovere e il Cerro. Il cerro, in particolare, è adatto alla crescita del Fungo Porcino e si trova nelle aree collinari e submontane dell’Emilia-Romagna. Costituisce boschi su suoli profondi e freschi ricchi di argilla.

IL CASTAGNETO

I castagneti sono boschi di origine antropica, introdotti per la produzione di legname e frutti. Il castagno vive su terreni sciolti, freschi e profondi, non tollerando quelli argillosi o calcarei. Spesso si associa spontaneamente ad altre piante come il mirtillo nero e il nocciolo.

LA FAGGETA

Molto sfruttate dall’uomo per la produzione di legname, le faggete si estendono a partire dagli 800 m di quota e sono spesso associate ad altre specie arboree e del sottobosco. Il faggio preferisce suoli fertili, freschi, di medio impasto e ben drenati, adattandosi però anche ad altri suoli purché ci sia abbondante umidità.

L’ABETAIA

L’abetaia presenta numerose caratteristiche in comune con la faggeta, anche se meno diffusa. Si trova solitamente in microclimi freschi ed asciutti, spesso grazie all’intervento umano. Le sporadiche formazioni di Abete bianco dell’alta Val Taro rappresentano oggi delle vere oasi ecologiche e sono habitat privilegiati per molte specie di funghi.

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Nell’oblò il filmato permette di “entrare” nei quattro differenti tipi di bosco e apprezzarne alcuni dettagli come la forma delle foglie, il colore del tronco e i paesaggi che ricreano nel loro insieme.

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Ci voltiamo verso l’altro lato della radura.

La zona di produzione del “Fungo Porcino di Borgotaro” comprende il territorio idoneo nei Comuni di Berceto, Borgo Val di Taro, Albareto, Compiano, Tornolo e Bedonia in provincia di Parma e nei Comuni di Pontremoli e Zeri in provincia di Massa Carrara.

La grande mappa ci permette di visualizzare l’area di raccolta e di capire l’ubicazione dei comuni citati.

È importante definire la zona di produzione ai fini della certificazione IGP: i funghi che verranno prodotti al di fuori delle aree indicate non potranno essere considerati “Funghi di Borgotaro IGP”. Nel 1995 è stato costituito il Consorzio di Tutela che garantisce, valorizza e promuove il prodotto, attraverso il Disciplinare di produzione.

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Proseguiamo il cammino verso la successiva radura.

Una delle prime regole del cercatore di funghi è quella di essere mattiniero. I giorni più indicati alla ricerca sono quelli di sole successivi ad una pioggia abbondante. Buona norma è memorizzare le località e i posti in cui si è soliti ritrovare determinate specie: i funghi tendono a spuntare nei medesimi posti. È importante munirsi di un contenitore per adagiare i funghi che sia rigido, arieggiato, asciutto e con aperture che permettano la dispersione delle spore. Un paniere con manico è l’ideale. La ricerca deve avvenire in salita e mai a mani nude: il ricercatore per spostare la vegetazione e scovare funghi ricorre sempre all’utilizzo di bastoni. Per effettuare una raccolta priva di rischi, è necessario esercitarsi a riconoscere i funghi commestibili da quelli velenosi, e il parere di un esperto micologo è sempre auspicabile.

Sulla destra la figura del cercatore di funghi mostra il cestino e il bastone originali utilizzati in alta Val Taro per la cerca.

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Ci spostiamo verso sinistra, sempre sul pannello.

Molte sono le leggende e i pregiudizi sui funghi. Misteri, credenze e usanze hanno sempre caratterizzato la storia di questo prodotto. È diffusa l’idea che il fungo vada colto subito e non si deve lasciarlo a terra per farlo crescere (perché comunque non crescerebbe) e neppure additarlo perché potrebbe anche scomparire.

Per quanto riguarda velenosità e contrasto della tossicità, nonostante le numerose – e spesso fantasiose pratiche del passato raccontate dal pannello – l’unica maniera valida è raccogliere solo funghi di varietà conosciute e farli verificare prima di utilizzarli da personale competente

QUANTO È GRANDE UN FUNGO

Le dimensioni dei funghi sono estremamente variabili. Esistono funghi invisibili ad occhio nudo ed altri particolarmente grandi come l’Armillaria ostoyae. Infatti, se oltre a considerare le dimensioni del carpoforo, ovvero dell’apparato riproduttivo che spunta dal terreno, misurassimo le dimensioni delle ife che costituiscono il vero corpo del fungo, resteremmo sbalorditi.

I CERCHI DELLE STREGHE

I “cerchi delle streghe” sono dei cerchi naturali d’erba, la cui circonferenza è punteggiata da funghi della stessa varietà. Spesso associati a spiriti maligni e streghe sono in realtà frutto dalla germinazione di ife fungine che dal micelio sotterraneo si espandono radialmente in tutte le direzioni, fruttificando solo alle estremità. In pratica il diametro del “cerchio” ci dà la dimensione del corpo sotterraneo del fungo.

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Ci voltiamo verso l’altro lato della radura.

Il filmato immersivo ci racconta la giornata del fungaiolo, dall’alba al tramonto, alla ricerca del re del bosco e, finalmente a casa, intento a preparare e gustare il frutto della raccolta.

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Proseguiamo il cammino verso la successiva radura.

La lavorazione del Fungo Porcino di Borgotaro prevede essenzialmente due fasi: la raccolta e la conservazione. Lo Stato italiano regola la raccolta e il commercio dei funghi e affida alle Regioni il compito di disciplinare con proprie leggi questo settore. In generale, queste norme definiscono i giorni di raccolta e la quantità massima della raccolta giornaliera per persona, tenendo conto delle tradizioni, delle consuetudini e delle esigenze locali.

LA RACCOLTA

Nella raccolta dei funghi è estremamente importante non danneggiare il micelio. È necessaria quindi la raccolta a due mani: con una si torce e si fa ruotare delicatamente la base del gambo esercitando contemporaneamente una trazione verso l’alto, con l’altra si tiene fermo il terreno sottostante in modo da non raccogliere insieme al fungo anche una zolla di terra danneggiando il micelio. Una volta raccolto, il fungo va sommariamente pulito sul posto e riposto in un cestino. Per raccogliere i funghi è sempre necessario munirsi di apposito tesserino.

LA PULITURA

La regola ideale vuole che il fungo non venga lavato ma semplicemente liberato dal terriccio e strofinato con un tessuto inumidito con acqua e aceto o limone. Non sempre però siamo di fronte ad un terreno incontaminato, quindi diventa necessario l’utilizzo di acqua, con particolari accorgimenti per preservare l’aroma e il gusto del fungo.

LE TECNICHE DI CONSERVAZIONE

I principi base della conservazione dei funghi utilizzabili sia a livello artigianale che industriale, sono l’essiccazione, il condizionamento (ovvero salamoie, sott’olio, sott’aceto) e la surgelazione.

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Il pannello ci propone la grande immagine del mercato del fungo a Borgotaro nel 1920.

Il video nell’oblò ci mostra la raccolta e la lavorazione del fungo Porcino d Borgotaro, da un documentario dell’Istituto Luce del 1934 con la lavorazione del fungo secco presso il laboratorio del Dott. Colombo Calzolari, alla preparazione contemporanea del fungo essiccato o sott’olio presso la “Bottega del Fungo” di Adriano Agazzi a Borgotaro.

Sulla destra è possibile leggere come l’Artusi, nel suo manuale La scienza in cucina, o l’arte di mangiar bene, consigliava la preparazione dei funghi secchi.

SCIENZA

Il Boletus edulis (ovvero quello che volgarmente chiamiamo Porcino) è oggetto di ricerche scientifiche che riguardano aspetti del suo uso alimentare e salutistico. Il suo contenuto nutrizionale in proteine, carboidrati e fibre rendono questo fungo ideale per migliorare il profilo nutrizionale della dieta, sostituendo carni, grassi e sale, attestandosi come alimento del futuro. I funghi sono alimenti considerati anche funzionali, poiché al loro interno sono presenti oltre cento molecole con funzione antitumorale, antiossidante, cardiovascolare, antibatterica, antiparassitaria, e di supporto alle risposte immunitarie.

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Proseguiamo il giro della radura, intorno al grande cilindro di funghi secchi.

Nei pannelli sono citate le imprese attive dal 1860 al 1940 presenti nei registri della Camera di Commercio di Parma che si occupavano della commercializzazione del Fungo Porcino. È opportuno sottolineare che l’attività di commercio dei funghi, è in realtà molto più antica ma che “sfugge” al dato amministrativo, rientrando spesso sotto le voci di Commercio (magari senza una sede indicata) o di Incettatore generico. Tra i nomi delle famiglie dedite alla commercializzazione figurano quelli degli Spagnoli, dei Calzolari e dei Bruschi.

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Ritorniamo sui nostri passi, attraversando a ritroso le varie radure e riguadagnando la prima sala del museo. Qui, il grande pannello centrale, in faccia alla finestra, ci propone un approfondimento storico e artistico sulla Val Taro.

L’Alta Val di Taro è la zona nella quale è possibile ritrovare l’ambito Fungo Porcino, nonché la zona indicata nel disciplinare per il riconoscimento dell’IGP. Comprende Bedonia, Compiano, Tornolo, Berceto, Borgo Val di Taro e Albareto. Il pannello ci mostra una grande mappa del territorio con i Comuni e i principali aspetti storici e architettonici di interesse per chi voglia esplorarla.

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Ci voltiamo verso la finestra ai cui lati si trovano due pannelli.

Borgo Val di Taro si adagia in un’ampia conca sulla sponda sinistra del fiume Taro, punto nevralgico delle due direttrici che portano a Chiavari e a Sestri Levante. Nel passato la zona vedeva il passaggio di pellegrini, mercanti e viaggiatori che utilizzavano il percorso per recarsi in Lunigiana e scendere poi verso Pontremoli. Nel Medioevo, aveva il nome di Turris, poi Turrexana, per poi prendere dal XIII secolo l’attuale denominazione. Posta in posizione strategica per il controllo delle vie di transito, al suo possesso si susseguirono l’Impero, il Monastero di Bobbio, il Comune di Piacenza, i Landi, il Papato, i Malaspina, i Visconti, i Fieschi, gli Sforza, i Doria e, dal Cinquecento, i Farnese. Nel 1894 veniva collegata alla pianura e al mare dalla linea ferroviaria Parma-La Spezia, che contribuì notevolmente allo sviluppo industriale e commerciale del capoluogo. Durante l’ultimo conflitto mondiale Borgotaro subì oltre quaranta incursioni aeree e sul suo territorio fiorirono numerosi episodi legati alla Resistenza, tanto che il gonfalone del Comune è stato decorato con la Medaglia d’oro al Valor Militare nel 1985.

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Gli edifici di interesse storico e artistico di Borgo Val di Taro sono tutti concentrati all’interno del vecchio circuito delle mura medievali. In particolare, è da percorrere Via Nazionale, con i suoi palazzi nobiliari del XVII-XVIII secolo come Palazzo Boveri, la gotica chiesa di San Domenico, Palazzo Bertucci, l’arco Bertucci di piazza Farnese e il monumento ad Elisabetta Farnese del 1721. Quest’ultimo è l’unico in Europa, voluto dagli abitanti per ricordare il passaggio e la sosta nel Borgo della futura Regina di Spagna nel suo viaggio alla volta del Paese iberico. Da ammirare anche l’ex ospedale di Santa Maria e Lazzaro, oggi denominato Palazzo Tardiani, il Palazzo Pretorio sede del Comune e la chiesa di Sant’Antonino. Passando poi da Porta Portello, antico ingresso al paese e luogo del mercato dei funghi, superando il ponte che unisce il centro storico con la stazione della linea ferroviaria, si trova la cinquecentesca chiesa di San Rocco dalla facciata barocca, anch’essa da non perdere.

La Val Taro, già dalla fine dell’Ottocento è stata interessata da un intenso fenomeno migratorio che portò migliaia di Valtaresi in giro per il mondo. Rimanendo pur sempre in stretti rapporti con la madrepatria, si sono particolarmente distinti all’estero in attività di ristorazione, turistiche e nel commercio di prodotti alimentari, coinvolgendo spesso anche realtà produttive locali.

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Grazie per avere visitato il Museo del Fungo Porcino di Borgotaro.
Questa audioguida è stata creata grazie a CONAD BORGO VAL DI TARO.
Continua la tua visita sul territorio. Al Museum Shop puoi chiedere informazioni e materiale per altre interessanti mete nell’alta valle.